lunedì 14 gennaio 2013

Mboro


Mboro è una piccola cittadina sulla costa ed è qui che è stata fatta la prima installazione di pompa a pannelli solari grazie al progetto Lawtan
Ad accompagnarmi per la visita ci sono Falilou, il presidente, Assane, responsabile di Kayer, e altri due tecnici di Kayer.

la pompa e il serbatoio a energia solare

Falilou mi spiega come è cambiato il lavoro di Cheik grazie all'installazione di Kayer


Oussaineou, l'immigrato che ha partecipato al progetto, non c'è, è in Italia. Qui il responsabile di tutto quello che ha messo in piedi è suo fratello Cheikh.
La prima tappa è la visita all'impianto e i campi coltivati che lo circondano. Purtroppo non è una bella giornata, non c'è molto sole ma in compenso non manca il vento. Ci sono palme all'orizzonte che delimitano altri campi, ma dell'oceano non c'è traccia.

Nei campi sono coltivati cavoli e pomodori, ma c'è ancora spazio per altre culture.
Qui l'impianto funziona senza grossi problemi, il lavoro da fare non è molto e ci sono tre persone impiegate per curare le coltivazioni. Mi fanno notare come nel campo vicino usino degli innaffiatoi per irrigare, il che richiede un lavoro faticoso e continuo. 



irrigazione "tradizionale"

Con la pompa si può irrigare tramite dei tubi, o talvolta l'impianto goccia a goccia (non qui però), oppure si raccoglie l'acqua in dei bacini nei vari appezzamenti così da averne di scorta.
campo di carote

Dopo questa sosta ci spostiamo a casa di Cheikh. Lì ci mostra tutto il resto della sua proprietà: un agrumeto, carote, altri pomodori...e inoltre pollame, conigli, pecore e mucche.
Ci sediamo sulla stuoia all'ombra dei limoni e aspettiamo il pranzo sorseggiando del tè.
Facciamo un po' di scorta di verdura al mercato e poi siamo di nuovo sulla strada per Mékhé.

martedì 8 gennaio 2013

Touba


Eccomi di nuovo, sopravvissuta allo folle del Gran Magal di Touba. Non saprei proprio da dove cominciare per raccontare questa piccola avventura! 
Sono partita con le ragazze più grandi della famiglia, nel tardo pomeriggio di domenica 30, tutte cariche di bei vestiti colorati. Il viaggio di andata è stato molto tranquillo, a parte qualche gomitata per salire sull'autobus.
 Una volta arrivate ci aspettava però un altro lungo tragitto in charette, ovvero un carretto trainato da un cavallo oppure da un asinello. Carichiamo i bagagli e ci sediamo sui bordi, c'è moltissima polvere nell'aria tanto che molta gente porta una mascherina sul naso a sulla bocca. Io mi proteggo con la sciarpa e conficco le unghie nel legno per non cadere dal carretto. Touba pullula di charette: durante il periodo del Magal vengono anche da altre città (da Mékhé perfino!) per fare un po' di soldi. Si viaggia ai lati della strada, in fila indiana su delle piste di sabbia talvolta un po' sconnesse, si sobbalza continuamente rischiando di cadere. 

Siamo ospiti del fratello di Fatou, Abdoulaye, farmacista a Touba; il proprietario della casa è il datore di lavoro di Abdoulaye e proprietario della farmacia.  La casa è enorme e si sviluppa in numerose stanze (per le numerose mogli) che danno su un ampio salone per la vita comune, ma c'è anche un piano superiore in via di costruzione. 
La tradizione vuole che i pellegrini non comprino da mangiare ma che siano i residenti ad offrire loro i pasti. Le donne sono indaffarate praticamente tutta la giornata a cucinare per i numerosi ospiti, i fuochi sono sempre accesi e ci sono sempre cipolle da tagliare!
Al posto del classico riso e pesce, il menu prevede questa volta carne bovina, con riso o con patate.
 Per il Magal ogni famiglia ha acquistato una mucca con cui poi sfamerà tutti i suoi ospiti. Durante le feste si mangia veramente troppo! Io poi sono l'ospite “speciale” e in quanto tale dovrei mangiare più di tutti!
Le donne inoltre si cambiano d'abito in continuazione, sfoggiando i più impensabili abbinamenti di colori. Anche io mi sono fatta fare un paio di vestiti per prepararmi a dovere alla festa. Si acquista la stoffa al mercato e poi si porta all'atelier di fiducia per confezionare la gonna e il boubou, la camicia.


Dopo due giorni di grandi banchetti è arrivato finalmente il momento della visita alla Grande Mosquée. Purtroppo non possiamo visitarne l'interno, ci sono ancora grandi folle di pellegrini e la coda per entrare è infinita. Così mi devo accontentare di ammirare gli esterni ricoperti di bei marmi lucidi e rosati, le finestre di vetro colorato e i soffitti dei corridoi esterni, stuccati in oro. Il grande minareto domina dall'alto tutta la città; mi dicono che al suo interno si trova un lampadario di cristallo.
Dopo la visita alla moschea e la preghiera, ci aspettano grandi spese al grand marché. Quello che offre in realtà è tutta merce di importazione. Vestiti, magliette di calcio, bigiotteria, e tanto altro! Per me si rivela un po' una delusione, ma per un senegalese questo è il posto dove trovare qualsiasi cosa e le ragazze sono entusiaste di poter comprare qualcosa.
Inoltre più volte rischiamo di essere travolte dalla folla che spinge in senso contrario o dalle macchine che tentano di attraversare il mercato nelle sue vie principali.

Infine riusciamo a tornare a casa tutte intere e dopo il pranzo (ore 17 circa!) ripartiamo per Mékhé.








sabato 29 dicembre 2012

Trasloco


Dopo poco più di una settimana lascio l'alloggio dell'UGPM per una stanza in affitto in un quartiere un po' più vivo di Mékhé. Nella stessa casa vive anche Fatou, animatrice dell'UGPM. 
A due passi di lì abita la sua famiglia: sono soprattutto donne e molti bambini. Gli uomini per la maggior parte sono in altre città per lavoro e qualcuno anche all'estero. Così le donne si uniscono in una grande famiglia e si fanno forza per mantenere la prole. 
Ora posso dire di avere una famiglia adottiva senegalese! 
Ogni sera ceno con loro e poi mi fermo per chiacchierare e ridere un po' insieme.
Ci ho messo una settimana a imparare tutti i nomi ma ora posso dire di ricordarli tutti (alcuni sono doppi quindi è facile).
Qui da loro ho assaggiato alcuni cibi tipici: fondé, un decotto di miglio addolcito dallo zucchero e tiere, anche detto couscous au lait e cioè come avrete capito couscous al latte.
Grazie a questa bella famiglia posso vivere questa esperienza a 360°; se fossi rimasta per tutto il mio soggiorno nella stanza degli ospiti non avrei mai potuto fare una vita così a contatto con le persone e con le abitudini locali.

Con alcuni della famiglia partirò domani per Touba, la città santa per la confraternita murid, la più diffusa qui in Senegal, fondata a fine ottocento da Ahmadou Bamba. Il primo gennaio si festeggia il Magal, la commemorazione del ritorno dall'esilio del fondatore, un grande pellegrinaggio che riunisce a Touba più di due milioni di fedeli.
Mi scuso per la carenza di foto...spero di rimediare al ritorno da Touba!

La vache qui rit



“La mucca che sorride”:ovvero l'unico 'formaggio' che finora ho trovato e che corrisponde ai nostri formaggini, quelli nelle scatole rotonde di cartone. È stata questa la mia colazione durante la mia prima settimana qui a Mékhé, alloggiata nella stanza per gli ospiti dell'UGPM.  

Il quartier generale dell'UGPM si trova all'uscita di Mékhé, sempre sulla strada principale; un portone azzurro si apre su un cortile su cui si affacciano gli uffici, alcune stanze, i bagni e l'atelier solare Kayer.

Alle sei circa tutti tornano a casa, ma non sono l'unica a rimanere per la notte. Ci sono anche due ragazzi che lavorano qui, Cissé e Moustapha. Hanno una stanza per la settimana e il weekend tornano dalle loro famiglie, uno a Dakar e l'altro a Bambey.
La sera andiamo insieme a prendere qualcosa per la cena e poi torniamo per mangiare e chiacchierare un po' prima di andare a dormire. 
Alle sette circa arriva anche il guardiano, Modou; non parla francese ma ci spieghiamo lo stesso se serve qualcosa! Si mette su una stuoia fuori dalla mia stanza per pregare e poi rimane fino all'alba.

Durante la permanenza lì avevo la mia boutique di fiducia, proprio di fronte, appena attraversata la strada. Un bicchiere di café Touba e pane e formaggio la mattina, panino con i piselli la sera,e tutto il resto di cui potessi avere voglia durante la giornata!

I primi giorni qui sono stati un molto impegnativi, tanti nomi da ricordare, tante cose da imparare e soprattutto la barriera linguistica. Il mio francese inizialmente era un po' zoppicante e poi qui la lingua più parlata rimane il wolof. Tutti mi incitano a impararla ma per me è già complicato spiegarmi in francese!! Ora che ho imparato i nomi e ingranato con il francese sono pronta invece per un po' di wolof...inshallah!

Pain de singe


Non è pane ma è il frutto del baobab, con cui viene preparato un ottimo succo di frutta.
Qui all'UGPM si mangia tutti insieme, riuniti intorno a due o tre grandi piatti, a seconda di quanti si è quel giorno. 

Dopo pranzo ci si rilassa, qualcuno prega. E puntualmente arriva Bessy con i suoi succhi di frutta! Ha un contenitore frigo dove tiene dei piccoli sacchetti di plastica contenenti succhi di frutta naturali: bissap, pain de singe, tamarin... Si morde un angolo del sacchetto e da lì si può gustare il succo fresco, talvolta un po' ghiacciato. 
Per me è un appuntamento quotidiano con la frutta! 

La dieta qui non prevede molte frutta o verdura ed io ne sento un po' la mancanza! Abbondano il riso, il cous cous e il miglio,talvolta anche della pasta, ma l'accompagnamento di verdura è sempre poco...cipolle a parte!
Questo in particolare è il periodo di raccolta delle angurie. Ogni giorno arrivano dalla campagna dei camion colmi di angurie verde pallido e le scaricano ai banchetti lungo la strada.
In questa zona ci sono anche molti alberi da mango, ma purtroppo non è periodo. (qui si che si rispetta la stagionalità dei prodotti della terra!)
Oltre a questa frutta locale non mancano però banane, arance e delle piccole mele di cui sono curiosa di scoprire la provenienza...

venerdì 28 dicembre 2012

16 dicembre: Domenica a Mékhé


Mékhé è un piccolo paese che si snoda lungo la Dakar-St.Louis. Il centro è una pompa di benzina e una serie di boutiques che si affacciano sulla strada asfaltata, offrendo merce di ogni genere. Le boutique sono talvolta delle strutture in muratura aperte sulla strada, ma più spesso sono dei chioschi in cui si può trovare di tutto: il pane, il burro, biscotti, detersivi, pannolini, bevande fresche, frutta e molto altro! (Spero di reperire presto qualche foto per rendere l'idea).

Mékhé è anche conosciuto per la produzione di scarpe in cuoio: ciabatte, mocassini e babucce dal gusto un po' orientale. Tantissime sono le boutique che espongono i numerosi modelli di calzature; tuttavia si può anche andare dai cosiddetti produttori per una commande (una commissione) e farsele fare su misura.

Domenica non si lavora ma qui all'UGPM c'è stato lo stesso un po' di movimento: chi lavora, chi monta la guardia all'entrata, chi magari viene solo per il wi-fi.
Per pranzo, ceebu jen come d'abitudine; una amica di Adama ha preparato per noi due una piccola pentola di riso e pesce. Mangio in abbondanza sperando di riuscire a saltare la monotona cena che mi aspetta ma...
Verso le quattro andiamo a casa di alcuni amici di Adama. Lì incontro Mansour, è appena rientrato dall'Italia, dove lavora in provincia di Pesaro da più di quindici anni.
C'è una festa di battesimo. Le donne sono tutte ben vestite (come sempre!), il capo coperto da un foulard della stessa stoffa del vestito. Sono tutte riunite nella veranda di una casa e chiacchierano rumorosamente; poco più in là c'è il gruppo di uomini. 
A un certo punto comincia la cerimonia: il battesimo si festeggia ad una settimana dalla nascita del bambino, le persone portano dei doni alla madre della partoriente, frutta e cibo a volontà (la teranga). 
Le donne si alzano, cantano e ballano e poi si comincia a mangiare. Anche se a poche ore dall'abbondante pranzo non posso rifiutare del cous cous con la carne!

mercoledì 26 dicembre 2012

15 dicembre: Cherif-Ka



Prima visita al villaggio Cherif Ka: è qui che dovrebbe partire prossimamente un progetto di Fratelli dell'uomo sulla sovranità alimentare. 
Partiamo con la jeep di Falilou, presidente di UGPM, e con noi viene anche Adama, un animatore delle comunità di villaggio dell'associazione.
Seguiamo per un po' la Dakar-St.Louis, la principale strada del paese, per inoltrarci poi in una strada sterrata e sabbiosa. In questa zona c'è un clima arido, tra gli arbusti e la rada vegetazione spiccano gli imponenti baobab, albero simbolo del Senegal.
Solo mezz'ora di viaggio e siamo a Cherif Ka.



La piazza è una grande distesa di sabbia contornata dalla moschea e dalla futura banca delle sementi.
La prima cosa da fare in un villaggio è porgere i saluti all'autorità. Andiamo quindi a salutare un anziano signore seduto su una stuoia, all'ombra di una veranda. Falilou traduce per me perché capisce poco il francese.



Poi ci spostiamo nel fulcro della vita del villaggio. Un gruppo di donne sta preparando il bissap, ovvero separano l'arbusto dal fiore di ibisco per poi preparare un decotto che qui si beve fresco e molto zuccherato. Da noi è conosciuto come karkadé, si beve caldo e proviene soprattutto dal Kenya. Io consiglio il bissap!


Qui ci sono anche altri uomini e molti bambini. C'è anche Tasrif, rientrato dall'Italia per le vacanze. Abita a Milano ed è il maggior contribuente al progetto che avrà luogo qui nel suo villaggio. Cerco da fare qualche domanda in più ma ci fermiamo per poco tempo.
Tornerò e allora ci sarà anche il fratello di Tasrif così potremo discutere insieme del progetto e del loro ruolo.   


Prima di ripartire facciamo una passeggiata fino ai campi coltivati a manioca e poi Falilou si ferma per fare due chiacchiere all'ombra della moschea sgranocchiando arachidi.

Dakar e lago Retba


    Comincio un po' in ritardo a raccontare questa mia piccola avventura in Senegal. Sono partita da sola per passare un mese ospite di UGPM (union des groupments de paysans de Mékhé), un partner di Fratelli dell'uomo.
    Ammetto che la partenza è stata un po' difficile...non era la prima volta che facevo un viaggio da sola, ma di certo non per così tanto tempo e in un paese così lontano!
    Quello che di certo non mi è dispiaciuto è stato lasciare il gelido inverno per il caldo sole e il tiepido vento che in dicembre rinfresca il Senegal.
    Il mio viaggio comincia da Dakar, come ospite dell'associazione Jahkarlo. Più precisamente sono ospite di una bellissima famiglia italo-senegalese: Fabio e Fatima. Con loro passo qualche giornata in famiglia cominciando ad apprezzare la cucina senegalese e giocando un po' con i piccoli Ismael e David, i loro figli.
    Un pomeriggio sono invece ospite di un altro partner senegalese di Fratelli dell'uomo, Intermondes. Dopo una piccola presentazione delle loro numerose attività faccio loro qualche domanda sul problema dei rifiuti a Dakar, in particolare sulla situazione della discarica Mbeubeus.

    Nel mio ultimo giorno a Dakar ho la fortuna di fare una piccola gita turistica in compagnia di un altro ospite di Jahkarlo e accompagnati dal simpatico Khalifa, lo chaffeur tutto fare fedele amico di Jahkarlo ed anche di Fratelli dell'uomo.
     La destinazione è il lago Retba, meglio conosciuto come Lago Rosa per il colore che le acque assumono durante le ore più assolate del giorno a causa della presenza di un batterio che produce tramite fotosintesi dei pigmenti che danno al lago questa particolarità . Questo batterio è l'unica forma di vita che resiste nelle acque del lago a causa della sua elevata concentrazione salina, che si dice sia addirittura maggiore di quella del Mar Morto. Tutto questo sale è inoltre fonte di lavoro e di guadagno per gli abitanti della zona: ogni giorno gli uomini si cospargono di karite per evitare la disidratazione e si immergono poi nelle acque del lago per la raccolta del sale.




    Partiamo quindi per un giro del lago in jeep, proseguendo poi per le dune che lo circondano, fino a raggiungere la spiaggia per ammirare l'oceano. 
    Il giro si conclude con la visita di  un villaggio peul, dove il figlio del capo villaggio ci accompagna raccontandoci la vita del villaggio. 
    Prima di rientrare ci concediamo  un po' di relax a bordo piscina nel villaggio turistico sulle rive del lago, già pieno di toubab arrivati per la stagione turistica.


    Lunedì: si parte per Mékhé. Mi sono accordata con Khalifa perché mi accompagni, evitando un viaggio lungo e faticoso con tutto il bagaglio che mi porto dietro. Si parte così in taxi e in tre ore circa siamo a Mékhé.   

martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale!

Non mi aspettavo proprio di ridare vita a questo blog proprio il giorno di Natale ma...maglio tardi che mai! Colgo l'occasione inoltre per fare gli auguri a chiunque leggerà!
Dunque, sono  in Senegal da ormai tre settimane...mi scuso per il ritardo ma, oltre alla mia naturale propensione al ritardo (che è ben nota), ci si è messo anche un problema di internet qui all'Ugpm che è durato qualche giorno...
Per cominciare pubblico qualche post che ho preparato in questi giorni sperando siano di vostro gradimento e che possano indurvi a curiosare un pò sul Senegal...buona lettura!

mercoledì 27 giugno 2012

JOAL_FADIOUT

Seconda tappa della Petite Cote.
Quattro cambi e quattro diversi mezzi di trasporto per arrivare a Joal (sept-place, n'diaga n'diae, mini car, taxi)...la mia testardaggine di voler prendere i mezzi pubblici.
Arrivo all'albergo, prezzo non troppo basso ma ottima accoglienza con un succo alla menta e arachidi da sgranocchiare e vista sulla laguna, calma e piatta.
Passeggiata sulla spiaggia per sgranchire le gambe, si avvicina uno studente di giurisprudenza per chiacchierare un po'...mai un minuto sola.

Cimitero cristiano-musulmano di Fadiout
Percorrendo un lungo ponte di legno si arriva all'isola di Fadiout. La chiamano l'isola delle conchiglie; effettivamente le strade, accessibili solo a piedi, sono fatte interamente di conchiglie. Un concentrato di case colorate e di abitanti in quattro quartieri,ciascuno con un area per il ritrovo degli anziani, una chiesa cristiana e una moschea, cavalli, maiali, capre e un po' di pesca. Tutto qui è mescolato e non sembra affatto creare problemi. Anzi.


Partenza per vedere il baobab
Partenza alle 6:30 per vedere il Baobab sacro, dimora di alcuni Marabu (non so se si scriva esattamente così)...8 km a piedi e praticamente nessuna foto che testimonia la mia impresa epocale dato che la batteria della macchinetta ha deciso di abbandonarmi proprio quel giorno. Durante il cammino in molti mi fermano per chiedermi se sto bene, dove sono diretta e alla risposta "sto andando fino al baobab a piedi" mi guardano come se fossi una pazza. Più di metà cammino completamente da sola su una strada di terra rossa. Intorno a me pochi cespugli, baobab e le palme che quasi senza foglie sembrano dei lampioni. La strada mi sembra interminabile...un anziano seduto sotto un albero prima, e una donna che trasporta un secchio d'acqua sulla testa poi, mi danno indicazioni...sempre dritto (o almeno è quello che ho interpretato io grazie al loro gesto con la mano...parlavano solo wolof).
Finalmente arrivo...il baobab è davvero grande! Attorniato da venditori ambulanti di oggetti in legno, è ancora bello verde nonostante la stagione secca e come da prassi per i turisti riesco ad entrare dentro al tronco e ovviamente esprimere un desiderio toccando il legno con tutte e due le mani.

Dopo la pesca
Altra affascinante esperienza è stata vedere l'arrivo dei pescatori. Piroghe dai colori più disparati arrivate quasi fino a riva e sulla spiaggia una miriade di persone che attendono l'arrivo del pesce...ragazzi robusti con sandali di plastica, pantaloncino corto, impermeabile, una ciambella appoggiata sulla testa per sostenere un contenitore di minimo 30 kg, facevano spola per portare il pesce dalla piroga al carretto trainato da un cavallo...sulla spiaggia c'era chi era arrivato per vendere, chi per comprare, chi solo per osservare e chi per trasportarlo. Un caos tremendo, a fare lo slalom tra il pesce in vendita a terra, i mille cavalli con carretto, e i trasportatori che correvano avanti e indietro una volta carichi e una volta vuoti.
Bambini e qualche donna in riva al mare con un secchiello a raccogliere il pesce caduto per sbaglio e che non verrà venduto al mercato...forse una possibile cena gratis...